Associazione Italiana AgroForestazione

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L’agroforesterie à l’INRA

Agroforesterie

L’agroforestazione (AF) in ambiente temperato, si divide principalmente tra la tipologia tradizionale e quella con un’impronta innovativa “agroecologica”.

Dopo questa introduzione François Houllier, presidente del Istituto Nazionale per la Ricerca in Agricoltura francese (INRA), afferma che i database hanno permesso di evidenziare una grande crescita delle ricerche con parola chiave “agroforestazione”, e similari, tipo “silvopastoralismo”, nel ventennio 1994-2014.

Inoltre descrive la posizione dei Paesi per produzione scientifica, in la Francia è al 6° o 7° posto, mentre la parte del leone la fanno Brasile, India, Kenya, facendone quindi una questione principalmente tropicale.

Questa “tropicalità” si rileva anche vedendo gli attori di queste ricerche: l’INRA, che è il 2° o 3° ente di ricerca in agricoltura al mondo non tiene questa posizione per quanto riguarda l’AF, infatti ICRAF (centro internazionale per l’AF, con base in Kenya) e CIRAD (ente “fratello” dell’INRA per quanto riguarda l’agricoltura e lo sviluppo tropicale) lo sopravanzano, insieme all’Università della Florida e all’IMBRAPA brasiliano, e solo a seguire sono presenti gli operatori “classici” della ricerca agronomica dei paesi temperati.

All’AF si approcciano silvicultori, agronomi, ecologi, specialisti del suolo, facendo quindi dell’AF un terreno d’incontro tra molte discipline.

La specializzazione delle colture ha avuto effetti positivi e negativi: si possono ricombinare i differenti usi del suolo nel tempo e nello spazio?

Con l’AF si può combinare agricoltura e allevamento e reintegrare gli alberi nei paesaggi e nei sistemi agricoli, cioè l’AF.

L’agroforestazione è un soggetto di studio in sé o è piuttosto un modello di studio per capire meglio l’agroecologia?

Entrambe. Ci sono due difficoltà classiche aggravate dalla diversità di contesti e discipline di cui è fatta l’AF. La prima è che convivono in INRA ricerche dedicate all’AF e ricerche che apparentemente estranee, ma che potrebbero entrarci; la seconda difficoltà riguarda il fatto che ci si aspetta dalla ricerca che sviluppi un sistema funzionante, ma affianco la ricerca serve formazione, trasferimento di competenze, ecc.

Mancano esperienze per trarre regole generali, c’è poco movimento di opinione, cioè, sul termine “agroecologia” non c’è solo l’interazione tra agronomia ed ecologia, ma ci sono tematiche economiche, sociali, ecc.

In conclusione l’AF è promettente per tutti e tre i grossi assi di ricerca dell’INRA in agroecologia:

  1. conservare e utilizzare la biodiversità;
  2. comprendere e gestire paesaggi e territori;
  3. riannodare e combinare i grandi cicli.

Molto carente per l’AF la ricerca nel settore economico.

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